“VI RACCONTO L’INFERNO”. LA TESTIMONIANZA DI PIERO TERRACINA, SOPRAVVISSUTO AD AUSCHWITZ

È uno degli ultimi sopravvissuti italiani al campo di sterminio di Auschwitz. Ha raccontato la sua storia in tv, sui giornali, ma soprattutto nelle scuole, perché sono soprattutto i ragazzi che devono fare memoria di quello che è stato. Piero Terracina, nella mattinata di giovedì, ha narrato l’orrore della Shoah anche a quasi 200 studenti delle scuole medie della Valle Roveto, in occasione della manifestazione, presentata da Maria Caterina De Blasis e organizzata dall’Associazione Culturale “Il Liri” in collaborazione con l’Anpi Marsica e con il Dipartimento Cultura della Comunità Ebraica di Roma. Con lui, sul palco, i presidenti de “Il Liri” e dell’Anpi, Mauro Rai e Antonio Rosini e la responsabile del Progetto Memoria del Cdec di Roma Sandra Terracina.

«Devo raccontarvi l’inferno» ha esordito il testimone diretto di una delle pagine più buie della storia dell’umanità «vedevamo fiamme e scintille, erano i nostri morti, era un popolo che stava bruciando. Non capivamo cosa ci dicessero i tedeschi, ma c’era un linguaggio che si comprende subito: quello del bastone».

Terracina, con la voce rotta a volte dalla commozione altre dall’indignazione, ha ripercorso passo dopo passo i suoi anni spezzati dalla dittatura fascista di Mussolini, dalle leggi razziali e, infine, dalla deportazione. Ha parlato della sofferenza per l’abbandono forzato degli studi, della tristezza per gli amici che lo avevano lasciato solo in quanto ebreo, della vita in una cantina per sfuggire ai rastrellamenti, della morte scoperta un giorno, all’improvviso, nel campo di concentramento di Fossoli, dei viaggi nei carri e nei treni, ammassati come animali, trattati come se non fossero neanche animali.

Ha raccontato le parole e le raccomandazioni di suo padre: «Siate uomini, non perdete mai la dignità. Ma come si fa a non perdere la dignità quando si ha fame?» ha chiesto ai ragazzi, per poi aggiungere: «Avevo 15 anni e non volevo morire». Toccante il momento in cui ha ricordato la madre, il suo invito a riuscire sempre negli studi, per riuscire poi nella vita e, soprattutto, la sua guancia bagnata di lacrime che si appoggiava e si stingeva a quella del figlio, ugualmente calda di pianto, per l’ultima volta, appena arrivati ad Auschwitz e prima di essere divisi in due file: quella di chi sarebbe stato impiegato nei lavori forzati e quella di chi, invece, sarebbe finito nei forni crematori. Ha rivelato, senza nascondere la fatica, che ogni volta che ripercorre quegli anni spezzati è come se si trovasse di nuovo lì a rivivere quell’abominio, quell’inumanità.

Terracina, oggi 87enne, era andato in quel terribile campo insieme ad altri sette familiari. Nessuno di loro si è salvato. Nessuno di loro ha potuto ricucire la sua vita. (Mc.dB.)