UN’ANALISI CRIMINALE: IL CASO DI ANTONIO PALLESCHI

Prosegue la nostra rubrica a cura di Pamela Rotondi, Dott.ssa in Scienze dell’Investigazione. Ancora una volta, dopo l’articolo inaugurale di questa sezione denominata “Le pieghe dell’anima: luci e ombre della mente”, la sua attenzione si è soffemata sulla personalità di Antonio Palleschi, autore di un efferato delitto di cui è rimasta vittima Gilberta Palleschi e che ha scosso l’intera comunità. La Dott.ssa Rotondi traccia un profilo dell’omicida, sulla base di classificazioni scientifihe di studio.

La confessione di Antonio Palleschi, manovale  disoccupato di anni 43, non ha lasciato dubbi agli inquirenti circa il suo coinvolgimento nel brutale assassinio di Gilberta Palleschi, professoressa d’inglese scomparsa in  località S. Martino il 1 novembre, durante la sua abituale passeggiata mattutina.

Secondo il Crime Classification Manual , elaborato dall’FBI nel 1992, possiamo suddividere  l’intero percorso metodologico dell’analisi criminale in cinque fasi, ognuna delle quali tratterà in maniera specifica la cosiddetta triade criminologica e le modalità di interazione reciproca: vittima, aggressore, scena del crimine. Vorrei soffermarmi sulle prime tre: profiling input, tipo e stile delll’omicidio, valutazione del crimine.

Fase 1:  PROFILING INPUT. Gilberta Palleschi anni 56 professoressa d’inglese presso scuola media di Sora , sua città natale, impegnata socialmente come segretaria dell’Unicef della regione Lazio. Persona discreta, ben inserita nel tessuto sociale, economico e culturale , autonoma, nubile e senza figli. Le iniziali  indagini sulla vita privata  non hanno fatto emergere nulla che facesse pensare ad un allontanamento volontario. La vittima è scomparsa la mattina del 1 novembre, mentre faceva la sua abituale passeggiata in zona s. martino, località Broccostella.

Fase 2: TIPO E STILE DELL’OMICIDIO

•             Scopo primario omicida (eccitazione sessuale): il soggetto sembra sia stato mosso da una forte eccitazione sessuale. Lo stesso dichiarerà : “Sono uscito di casa, dovevo sc*****, ho preso la prima che mi è capitata”.

•             Fattori di rischio della vittima (nessuno): anni 56, insegnante, altezza media, stile di vita nella norma. Persona autonoma e indipendente.

•             Rischio dell’aggressore (alto): l’ aggressione è avvenuta a distanza di un centinaio di metri da un ristorante, all’inizio di una stradina sterrata che conduce a Fontechiari. Durante il giorno la zona in questione è frequentata da persone che fanno sport all’aria aperta o che si recano presso il laghetto di pesca sportiva. Nelle ore serali si presenta piuttosto isolata data la mancanza assoluta  illuminazione e di abitazioni nelle immediate vicinanze.

•             Escalation (accertamento della sequenza degli atti perpetrati dall’aggressore) : il soggetto avvicina la vittima, la aggredisce in modo violento, tenta di ribellarsi e sfuggire ma questo provoca ancora di più la rabbia e la collera del Palleschi che la colpisce ripetutamente con calci e pugni, tanto da rendere il volto della professoressa irriconoscibile. L’assassino carica la vittima nel portabagagli della sua auto (tracce ematiche repertate nel portabagagli supporteranno tale ipotesi) e procede lungo la strada sterrata fino ad arrivare alla cava in località di Campoli Appenino, dove presumibilmente la finisce con una pietra. Getta il cadavere a metà del dirupo e rientra a casa. Il giorno successivo, in base a quanto dichiarato, è tornato, trova la vittima in posizione diversa rispetto a come l’aveva lasciata (probabilmente era ancora viva) le toglie scarpe e pantaloni e si masturba in presenza del cadavere. Gli atti di necrofilia sono stati smentiti.

•             Fattore tempo: dal luogo dell’aggressione al luogo del ritrovamento del cadavere con la macchina impiega 5 minuti o poco più. Il crimine è stato commesso nelle ore diurne, giornata parzialmente coperta.

•             Fattori di ubicazione: il crimine è avvenuto in località s. Martino luogo in cui è avvenuta l’aggressione per concludersi poi con i colpi definitivi nella cava di Campoli Appennino.

Fase 3: VALUTAZIONE DEL CRIMINE

Dalla ricostruzione dell’interazione comportamentale relativa alla diade vittima carnefice è possibile ipotizzare che il comportamento del soggetto sia di tipo DISORGANIZZATO: aggressione improvvisa e non pianificata, vittima/luoghi conosciuti, depersonalizza la vittima, minimo controllo della relazione verbale, improvvisa violenza sulla vittima, atti sessuali successivi alla morte, cadavere lasciato in vista, presunta attività di overkilling, ossia eccesso nell’aggressione omicidiaria che consiste  nel  produrre lesioni che vanno al di là dello scopo di uccidere e soddisfano solamente una spinta psicologica del criminale alla violenza. È da notare come i rituali post mortem inflitti alla vittima indichino un soggetto che si trova a proprio agio nell’ambiente in cui ha messo in atto il delitto e l’esistenza di una psicopatologia e di difficoltà relazionale. La modalità con cui l’offender ha trattato il cadavere è indicativa di particolari riguardo alla sua sfera psico-fisica. Il fatto che sia stato abbandonato in una cava potrebbe indicare la totale assenza di un qualsiasi rapporto tra l’autore e la vittima del reato, per cui non interessa se il corpo verrà ritrovato prima o poi, basta disfarsene per non essere scoperto. Inoltre c’ da sottolineare il fatto che il soggetto ha rimosso i vestiti, ulteriore prova della chiara volontà di umiliare e denigrare la vittima.

Nel 2009 scontò una anno di arresti domiciliari per tentato stupro e testimonianze di donne, che purtroppo non hanno mai denunciano, riportano di aggressioni subite dallo stesso.

La funzione rieducativa della pena è un punto fondamentale del sistema penale italiano, soprattutto nei reati di stupro e di violenza sessuale in generale, dove statisticamente la reiterazione del reato è maggiore. Quindi perché non si è agito in tal senso, favorendo il suo inserimento in strutture adeguate atte a “correggere” tale comportamento disfunzionale, operando in sinergia con le forze dell’ordine.

Per Emile Durkheim, il crimine è un normale accadimento, atteso che un “società esente da esso è del tutto impensabile e che il crimine consiste in un atto che offende un determinato sentire collettivo”, i cittadini sorani si sono sentiti profondamente offesi  e denigrati, perché ormai conoscevano il volto di Gilberta, la conoscevano attraverso i racconti dei suoi familiari e che ne chiedevano il ritorno a casa. Ritorno avvenuto nel modo più tragico possibile.