L’INCHIESTA – CONSORZIO ACQUEDOTTI RIUNITI DEGLI AURUNCI, ADESSO CHI PAGHERA’ I DEBITI?

Forse neanche i 71 Sindaci dei Comuni dell’ex Consorzio Acquedotti Riuniti degli Aurunci ricordano cosa fosse e quale pesante eredità abbia lasciato.
Forse, perché, essendo troppo pesante tutti preferiscono non conoscerne la stessa esistenza, anche se, storicamente, il C.A.R.A. rappresentava un fiore all’occhiello dei Comuni del Basso Lazio (oltre che di Roccadevandro (CE) e Conca Casale (IS) ). Eppure la montagna di debiti che quel Consorzio ha accumulato, soprattutto tra la fine degli anni novanta e la prima decade degli anni 2000, sta lì, oscura spada di Damocle sulla testa non dei Sindaci, ma dei Comuni, anche perché il Ministero dell’Interno (che lo ha istituito con decreto n.16500-3/10 del 20 agosto 1941 a firma di Bufalini Guidi, in nome e per conto di S. E. Benito Mussolini, Ministro dell’Interno, Capo del Governo e Duce del Fascismo), ha declinato la sua responsabilità sostenendo che alla liquidazione del Consorzio deve provvedere la Regione Lazio.

UNA MONTAGNA DI DEBITI

Il Presidente  Nicola Zingaretti, ricevuta la informativa ministeriale sulla competenza regionale in materia di scioglimento del CARA, non ha mai risposto al Ministero e neanche alla Presidenza del Consiglio dei Ministri che era intervenuta ad avvalorare la tesi della competenza regionale.
La Regione Lazio, anzi, vistasi chiamata in causa, ha rispolverato una sua vecchia sentenza del Tribunale di Roma con cui veniva condannato il CARA al pagamento di un debito di oltre 24.000.000 (ventiquattro milioni) di euro e, senza batter ciglio ha pensato bene di riscuotere quei soldi non dal CARA, perché, notoriamente, essendo privo di organi rappresentativi, si trova in una situazione definita di “dissoluzione” dalla Prefettura di Frosinone, ma dai Comuni ex consorziati. Con una semplice determina ha ripartito tra quei Comuni solo una prima quota (ma senza rinunciare agli altri 18) del suo credito (circa sei milioni di euro), ha dichiarato gli stessi Comuni debitori della Regione ed ha stabilito di compensare il debito dovuto da essi Comuni con i contributi che la Regione è tenuta a versare ad essi per legge al fine di finanziare i servizi locali.

COMUNI DICHIARATI DEBITORI DALLA REGIONE

Si è creata una girandola di ricorsi giudiziari perché quasi tutti i Comuni hanno impugnato la determina regionale, rifiutandosi di riconoscere come propri i debiti del CARA e dimostrando che la Regione aveva anche sbagliato a fare i calcoli della divisione del suo credito.
Poiché ogni ricorso segue una sua storia, si sono venute a creare due giurisprudenze contrastanti: la prima sentenza che è stata emessa dal Tribunale di Roma è stata di condanna della Regione Lazio, ma la seconda è stata di condanna del Comune di Minturno. In particolare il Comune di Fontana Liri, difeso dall’Avv. Rosanna Norcia di Cassino, ha vinto la causa e la Regione Lazio è stata condannata non solo a restituire i contributi non versati al Comune, ma anche a pagare le spese di giudizio. Il Comune di Minturno, invece, è stato riconosciuto come debitore della Regione ed è stato condannato lui a pagare le spese di giudizio. Probabilmente i due Comuni, difesi da due Avvocati diversi, hanno impostato le proprie difese in modo differente, però, che credibilità può avere un sistema giudiziario quando uno stesso Tribunale (quello di Roma), emette due sentenze opposte nonostante che fossero identici gli atti impugnati? E’ possibile che in una identica fattispecie, per una stessa causa, lo stesso Tribunale emette sentenze opposte solo perché i ricorrenti sono difesi da Avvocati diversi?

SENTENZE CONTRAPPOSTE

Ora sono in arrivo altre sentenze nei ricorsi presentati dagli altri Comuni, fra i quali anche il Comune di Arpino (difeso dall’Avv. Norcia), Esperia, Ceprano ed altri difesi dall’Avv. Messore di Cassino, il quale è anche Sindaco di uno dei Comuni colpiti (Sant’Ambrogio sul Garigliano).
Le nuove sentenze saranno emesse sulla scia di quella di Fontana Liri o di Minturno? E la Regione Lazio, che si vede condannata in una fattispecie, ma vittoriosa nell’altra identica, sicuramente farà ricorso in Appello ed i giudizi proseguiranno per altri decenni. Ecco dimostrato a cosa porta la incapacità della politica nel risolvere un problema la cui entità da decenni tutti continuano a non vedere, ma che la girandola delle decine e decine di ricorsi giudiziari, lungi dal risolvere, aggraveranno sempre di più. Infatti altri centinaia di migliaia di debiti sono in mano ad imprenditori privati, i quali, per ora, stanno ad osservare la faida tra Comuni e Regione Lazio, ma poi scenderanno in campo e gli originari 24 milioni di debiti diventeranno il doppio. Chi li pagherà? Nessuno? Magari. Sta di fatto che la Regione Lazio, che secondo il Ministero dell’Interno e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, dovrebbe essere l’Ente terzo nel portare a conclusione la liquidazione del CARA, sta cercando di risanare il proprio bilancio portando al dissesto i circa 70 Comuni del Consorzio, nel più assordante silenzio di tutti gli Enti pubblici competenti. Esiste qualche Sindaco che abbia la forza ed il coraggio di sottoporre al Ministero dell’Interno il complesso quadro che si sta delineando e che, per adesso, costituisce pascolo solo per gli avvocati?